Roma, la luna e tu
Foto Giovanna Nuvoletti
«Bella serata»
«Sì, sono stata bene»
«Meno male. Peccato non si sia vista la luna»
«Tante idee, progetti. Non saremo troppo vecchi per tutte queste cose?»
«Hai visto come è chiara questa sera? Sembra sia ancora estate»
«Avrei pure diritto a essere stanca…»
«Ci vorrebbe più poesia. Personalmente sento di non essere vicino al sentire della Merini, o di Montale»
«Non li metterei sullo stesso piano. Montale è su tutt’altri livelli»
«Meno male che te lo sento dire. Ho timore a esprimere riserve su certi nomi. È come parlar male di Garibaldi. Comunque mi sento più vicino a Lorca, Neruda, Quasimodo»
«Ognuno è poeta della propria lingua. Lorca e Neruda sono spagnoli»
«Appunto, io sono partenopeo. Ma dove sarà la luna?»
«Io mi sento vicina a Juan Ramon Jimenez e a Emily Dickinson»
«Tu sei di lingua universale»
«E questi che ci fanno, contro mano sul lungotevere, a mezzanotte, sui pattini? Tutti in fila»
«Sembrano fantasmi usciti da atri muscosi e fori cadenti.»
«No, sono solo americani fessi in gita sui pattini. Non puoi spegnere quel coso che continua a strillare? Te lo dico io come si arriva a casa mia»
«Non lo so zittire il navigatore. Lo spengo»
«Ecco, gira qua. È vietato contromano e pericoloso, ma noi lo facciamo sempre»
«Così però non vale. Ci riusciremo a mettere insieme tutti questi propositi? Avrei quasi voglia di essere stanco»
Siamo arrivati. Mi fermo.
«È davvero chiara questa notte. Ce la faremo bastare per i pensieri briachi»
«Sì. mezzanotte è passata. È già domani. E domani è un altro giorno e si vedrà. E se non ci si vede accenderemo la luce»
«Certo. L’hai presa tu la Luna?»