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Attualità Manuale di sopravvivenza

Se Covid sparisse

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Così, tutt’a un tratto, un giro di sole. O anche piano piano, pezzo a pezzo, ci accontenteremmo, siamo stanchi, pazienti.
Ma sparisse. Ma se n’andasse infine. Voi cosa fareste? Di desideri bisogni accantonati ce ne abbiamo. Andrei a Firenze a trovare Loretta, che non vedo da dieci anni? Oppure, di corsa, mi arrampicherei sul bus, giù a scuola a prendere i nipotini, li porterei a casa mia – tirerei fuori i vecchi giocattoli che li aspettano da due anni? Correrei da mia figlia, mio figlio? Scapperei a Venezia a riprendermi l’altro figlio? Progetterei strani viaggi coi nipoti più grandi? O m’infilerei di corsa sul primo treno per Milano, per restarci almeno un mese? Col di Lana, sant’Ambrogio, le Grazie, corso Magenta. Giuliana, che ancora non ho visto in faccia.
Organizzerei una grande cena per tutti i miei amici. Organizzerei tante piccole cene con piccoli gruppi di amici. Andrei dal parrucchiere, al cinema, a teatro. Preparerei con Valeria uno spettacolo su Emily Dickinson, oppure con Alex una mostra delle mie fotografie…. Troverei l’editore per le mie poesie (beh, quello è impossibile).
Vado a Genova da Nadia. Nervi, Sori. Capreno. Ti presento Gabriella e Aglaja.
Napoli, che è così vicina. come ci diciamo per telefono. Oppure osare rivedere le Dolomiti. Cantarne i nomi. Ridisegnarmi nella mente le piste da sci – dove ero libera forte e appartenevo solo a me stessa.
Gli affollati desideri di una ottantenne. Ma voi, lettrici, lettori, giovani, adulti, voi che qui parlate con me da lontano, che lista di desideri e bisogni avete in petto? Due anni sono tanti per accumulare sacrifici, lontananze, dolori, speranze continuamente rimandate.
Ditemeli tutti. Voglio sentire le vostre voci.
E poi li grideremo tutti insieme verso il cielo – già, con le mascherine o senza? – distanziati comunque? Io urlo io voglio io ti amo io devo. C’è chi ha bisogno di me e non mi ha vicina. E gli anni persi non tornano indietro.

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GIOVANNA NUVOLETTI

Sono nata nel 1942, a Milano. In gioventù ho fatto foto per il Mondo e L’Espresso, che allora erano grandi, in bianco e nero, e attenti alla qualità delle immagini che pubblicavano. Facevo reportage, cercavo immagini serie, impegnate. Mi piaceva, ma i miei tre figli erano piccoli e potevo lavorare poco. Imparavo. Più avanti, quando i ragazzi sono stati più grandi, ho fotografato per vivere. Non ero felice di lavorare in pubblicità e beauty, dove producevo immagini commerciali, senza creatività; ma me la sono cavata. Ogni tanto, per me stessa e pochi clienti speciali, scattavo qualche foto che valeva la pena. Alla fine degli anni ’80 ho cambiato mestiere e sono diventata giornalista. Scrivevo di costume, società e divulgazione scientifica, per diversi periodici. Mi divertivo, mi impegnavo e guadagnavo bene. Ho anche fondato con soci un posto dove si faceva cultura, si beveva bene e si mangiava semplice: il circolo Pietrasanta, a Milano. Poi, credo fosse il 1999, mi è venuta una “piccolissima invalidità” di cui non ho voglia di parlare. Sono rimasta chiusa in casa per quattro/cinque anni, leggendo due libri al giorno. Nel 2005, mi sono ributtata nella vita come potevo: ho trovato un genio adorabile che mi ha insegnato a usare internet. Due giovani amici mi hanno costretta a iscrivermi a FB. Ho pubblicato due romanzi con Fazi, "Dove i gamberi d’acqua dolce non nuotano più" nel 2007 e "L’era del cinghiale rosso" nel 2008, e un ebook con RCS, "Piccolo Manuale di Misoginia" nel 2014. Nel 2011 ho fondato la Rivista che state leggendo, dove dirigo la parte artistico letteraria e dove, finalmente, unisco scrittura e fotografia, nel modo che piace a me.

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