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Visita terribile

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L'Autore ad Auschwitz

Per entrare ad Auschwitz mi son portato dietro il mio basco amaranto, come piccolo doveroso omaggio di soldato.
Centinaia di pulman nei parcheggi, migliaia di persone che si affollano verso l’ingresso, per l’abbinamento con le guide e gli auricolari.
INGRESSO GRATUITO! A noi tocca un simpatico anziano professore… in lingua polacca. Ma Ursula è molto brava a farci da interprete.
C’è uno strano silenzio. No, c’è un rispettoso silenzio. Si sente solo parlare, in tutte le lingue, la guida che sta alla testa di ogni gruppo. Sguardi di incredulità e occhi lucidi. Le macchine fotografiche e i telefonini lavorano, con pudore molto sotto la media della vita fuori di lì.
Ma il pentimento vero quello che esce dall’anima non lo scopriremo mai.
C’erano studiosi tedeschi che stabilivano la giusta quantità di sassolini da immettere nei tubi che producevano il gas nelle camere. Un calcolo meticoloso, che stabilì quanti ce ne volessero per ognuno presente nella camera. Il comando tedesco viveva nell’incubo di rimanere a corto di sassolini.

I "sassolini" di Zyklon B

I “sassolini” di Zyklon B

Con il gesto del pollice il capitano medico delle SS indicava quale strada dovessero prendere i nuovi arrivati, se saranno eliminati subito (vecchi e bambini) o dopo (adulti forti, uomini e donne). Costui, Josef Mengele, medico ad Auschwitz, era noto anche per i suoi esperimenti sui prigionieri (soprattutto sui gemelli), sempre mortali; fu ricordato come “il dottor morte”. Anche lui, come tanti altri ufficiali delle SS, ha ricevuto coperture e protezion in Sud America, ha vissuto sino al 1979 in Brasile, è morto libero, nel suo letto.
Usciamo intontiti dalla visita a questo campo di concentramento: solo in questi due posti furono uccise un milione e mezzo di persone.
La visita a Wadowice -campo di sterminio- è terribile.
Qualche giorno dopo, nella cattedrale di Varsavia, abbiamo “visto” la disperazione nello sguardo di questo Cristo mai incontrato prima così raffigurato.
Ma, per uno strano caso del destino, ci imbattiamo, all’uscita, in un gruppo di giovani israeliani venuti a “vedere”. Hanno bandiere e sono, come tutti i giovani, chiassosi e a modo loro vogliono esorcizzare dai loro cuori tanta tristezza e tanto dolore.
Mi sento rinfrancato pensando che per questi giovani la vita potrà essere diversa, glielo auguro con tutto il cuore.

foto2ufficiali

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ANTONIO QUAGLIARELLA

Pugliese del ’44, una decina d’anni in ogni provincia e, partendo da Lecce, ha emigrato nel 2003 in Lombardia. Proprio l’anno del grande caldo, con questa regione in testa per il maggior numero di anziani sopravvissuti. Sempre nel campo finanziario, ha smesso (fortunatamente) di dare consigli il 30 aprile del 2013. Servizio militare assolto con gioia e onore nei Parà, la Toscana gli entra nel cuore in quel periodo, era 1968. Non resiste per tanto tempo a niente e a nessuno, quando ha potuto farlo si muove di conseguenza, riconoscendosi il merito di saper vivere con piacere in contesti molto complessi e diversi e questo sin da bambino. Ogni volta prova la stessa sensazione di avere di fronte una vita nuova di zecca da scoprire e questo gli moltiplica le forze. Viene cooptato nel Rotary International e si merita la Paul Harris Fellow, appena prima che istituissero il numero chiuso per i terroni. Questo continuo frazionamento di vita lo porta alla convinzione che l’ultima persona vicina non potrebbe mai avere sottomano una storia completa (quasi) della sua vita. Così comincia a scrivere. Ne fa le spese, di questo fiume di inchiostro, La Rivista Intelligente e la sua “mamma” Giovanna. Essere sé stessi sempre, qualche volta anche juventino, ha un prezzo da pagare. Solo una donna sempre al suo fianco, dai tempi della migrazione e l’accoglienza, continua a fargli sconti e a dargli credito e lui l’ha legata a doppio filo alla sua vita, ormai finalmente stanziale.

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