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WILL SMITH

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In breve. Che sia vera o no la scenata sganassoria di un popolare attore contro il comico ridanciano figlio del principe cerca moglie, Eddy Murphy, non importa granché. Dei vantaggi e degli svantaggi tratti dai due a livello di popolarità negativa e positiva altrettanto. Che abbiano teatralizzato entrambi, che abbiano sbagliato entrambi è palese. Qualche riflessione possiamo farla, seguendo le tracce dei commenti di Kareem Abdul-Jabbar , il più grande cestista di tutti i tempi, americano nero islamizzato, persona ben preparata sul suo tempo e commentatore equilibrato e convincente. La deprecazione di Abdul-Jabbar sfodera una serie di concetti che mi hanno tolto le parole dalla bocca, pensando le medesime cose. Il primo aspetto è che l’immagine che hanno certi bianchi dei neri maneschi e violenti viene enfatizzata. Come un pugno fosse il modo migliore di risolvere le cose, questi due galletti, tra il serio e il faceto, si sono fronteggiati, il primo con una battuta infelice, il secondo, molto peggio, con una traversata da macho man davanti a mezzo mondo per salire sul palco e rifilare il manrovescio all’incauto comico. Andando oltre l’aspetto razziale, emergono altri due elementi: il primo è che Will Smith si è comportato come un trucido marito da medio evo che da prode difende la dolce donzella o, più modernamente, come un ragazzino che dentro un pub aggredisce il malcapitato che ha osato guardare la sua ragazza. Il problema di fondo è il senso di potere e prevaricazione per ciò che viene considerato una proprietà, cioè la donna alla quale sono legati. Sarebbe stato legittimo solo nel caso che la donna in questione fosse stata aggredita davvero e fosse in pericolo. A quel punto sarebbe intervenuto chiunque per salvarla. E non per difendere una cosa propria ma per solidarietà di fronte a una violenza. Rock non era stato nemmeno particolarmente cattivo. Se un’attrice sceglie di andare agli Oscar mostrando con nonchalance (cosa assolutamente ragguardevole) la sua alopecia, ci si aspetterebbe che avesse con sé il bagaglio dell’autoironia. Si potrebbe anche far presente che i drammi sono altri con malattie ben più gravi e misere condizioni economiche, ma tant’è, Rock poteva farne a meno. Ciò che sbalordisce è il fatto che la signora Smith non abbia emesso un belato. Ha lasciato che il lavoro sporco lo facesse lui, e lui, immaginiamo, era ben felice di fare l’eroe e menare fendenti. Siamo ancora agli anni cinquanta, quando le donne si mettevano in un angolo riparate dalla forza bruta del proprio omaccione? Insomma una figuraccia planetaria che vera o no trasmette un’immagine funesta a chi anche da miope vede. Cari signori Smith, ricchissimi e devoti a Scientology, siete stati un orrendo esempio. Fatevi un esame di coscienza che vi faccia sparire per un bel po’.

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VALERIA VIGANO'

Nata a Milano nel 1955, vive tra Roma e Capalbio. Scrittrice e giornalista, docente di scrittura creativa. ha pubblicato Il tennis nel bosco (Theoria ), Prove di vite separate (Rizzoli ), L’ora preferita della sera (Feltrinelli), Il piroscafo olandese (Feltrinelli), Siamo state a Kirkjubaerklaustur (Neri Pozza) La Scomparsa dell’Alfabeto ( Nottetempo). Ha scritto per il teatro e la radio. E’ consulente editoriale e traduttrice. Chief Editor LRI.

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