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Critica poetica

Wisława nel web e per sempre

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Wisława Szimborska  è scomparsa da alcuni giorni. Di colpo, alla notizia, un fiume di poesia ha attraversato il web. Tutti quelli che l’hanno amata si sono affollati a presentare le sue opere, con orgoglio, agli amici che non la conoscevano. Ognuno ha portato la sua testimonianza, il preciso momento di speciale bellezza che da lei ha ricevuto, e lo ha condiviso: come pane, come vino. E’ stato bello. Ognuno ha espresso la sua verità, il suo ecco le cose – la piccolezza e grandezza di noi umani. E chi non l’aveva mai letta ha ringraziato di tutto cuore. Wisława ci ha ridato la misura e il ritmo. Ci ha toccati.

Ora, anch’io voglio dire la mia. A lei, di persona.

Wisława, amica mia lontana, grazie. Le tue parole mi hanno abbracciata quando mi sentivo più sola, mi hanno scaldata quando più ho avuto freddo. Mi hanno riportata al significato quando sembrava scomparso per sempre. Le tue parole – che partono precisamente da dove le parole devono partire, e arrivano al centro della vita – mi hanno reso la parola e la vita.
Mi hai mostrato la semplicità e la potenza. Ho pensato: “allora è possibile, allora vale la pena, ha senso”. E ho ripreso il mio fardello, ho ricominciato a camminare. Morire, questo a un gatto non si fa….  E non l’ho fatto. Mi hai salvata.
Io la tua morte l’ho pianta, ma non per il dolore. Eri vecchia e la tua ricchezza l’avevi ormai sparsa a piene mani sulla terra. Ho pianto di gioia per averti conosciuta – certo, avrei preferito tenerti con me ancora per qualche anno. Ma è stata una tale fortuna averti come collega di umanità e aver sentito la tua voce in me, che le mie lacrime sono state di felicità.

P.S. : e porta un grazie anche a Pietro Marchesani, il tuo traduttore, che ti aspettava da un po’.

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GIOVANNA NUVOLETTI

Sono nata nel 1942, a Milano. In gioventù ho fatto foto per il Mondo e L’Espresso, che allora erano grandi, in bianco e nero, e attenti alla qualità delle immagini che pubblicavano. Facevo reportage, cercavo immagini serie, impegnate. Mi piaceva, ma i miei tre figli erano piccoli e potevo lavorare poco. Imparavo. Più avanti, quando i ragazzi sono stati più grandi, ho fotografato per vivere. Non ero felice di lavorare in pubblicità e beauty, dove producevo immagini commerciali, senza creatività; ma me la sono cavata. Ogni tanto, per me stessa e pochi clienti speciali, scattavo qualche foto che valeva la pena. Alla fine degli anni ’80 ho cambiato mestiere e sono diventata giornalista. Scrivevo di costume, società e divulgazione scientifica, per diversi periodici. Mi divertivo, mi impegnavo e guadagnavo bene. Ho anche fondato con soci un posto dove si faceva cultura, si beveva bene e si mangiava semplice: il circolo Pietrasanta, a Milano. Poi, credo fosse il 1999, mi è venuta una “piccolissima invalidità” di cui non ho voglia di parlare. Sono rimasta chiusa in casa per quattro/cinque anni, leggendo due libri al giorno. Nel 2005, mi sono ributtata nella vita come potevo: ho trovato un genio adorabile che mi ha insegnato a usare internet. Due giovani amici mi hanno costretta a iscrivermi a FB. Ho pubblicato due romanzi con Fazi, "Dove i gamberi d’acqua dolce non nuotano più" nel 2007 e "L’era del cinghiale rosso" nel 2008, e un ebook con RCS, "Piccolo Manuale di Misoginia" nel 2014. Nel 2011 ho fondato la Rivista che state leggendo, dove dirigo la parte artistico letteraria e dove, finalmente, unisco scrittura e fotografia, nel modo che piace a me.

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