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URLANDO FURIOSA

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Italia

C’era una volta un Cavaliere senza macchia e senza paura che, per salvare la principessa Italia, scese in campo di battaglia con il suo esercito di antenne promettendo, alla sua amata, milioni in (posti di lav)oro. Ma le macchie, invece, c’erano e una a una iniziarono a imbrattare la sua facciata così abilmente ricostruita dagli speziali plastici. Il Cavaliere si abbatté e nulla poterono elevare le innumerevoli femmine che, dall’Olgia all’Egitto, capitolarono ai suoi piedi perché, si sa, Ar core non si comanda.
Italia, che dall’aprile del ‘45 era stata liberata, aveva sempre vissuto di alti e bassi; certo si sentiva amata, ma era come se le mancasse sempre qualcosa, come se non riuscisse mai a risplendere nonostante tutta la sua bellezza. Così, negli anni, si chiuse dentro le torri di Monteriggioni in attesa di giorni migliori.
Dopo Donne e Cavalier, fu l’Arno e i Gentiloni.
Giunse così il tempo in cui, al suo cospetto, si presentò un Conte. Giovane, di bella presenza e ambiziose speranze. Improvvisamente il cielo parve più sereno, i grilli cantavano sino a far illuminare le notti di stelle e la fanciulla sperò di poter vivere giorni di gloria.
Il Conte partì, con tutte le migliori intenzioni, per conquistare il suo cuore ma, come si suol dire, spesso i Conti non tornano.
Purtroppo Italia aveva fatto i conti senza l’oste, il volgare toscano, e distrutta da una lunga pestilenza temette pure di rimanere senza Speranza.
Si ricordò, allora, che il Conte prima di una delle sue battaglie le disse:
-“Scatenerò una potenza di fuoco”.
Passarono i giorni, le settimane e i mesi, ma non accadde nulla di così potente da poter sollevare corpo e spirito della povera Italia.
Un bel giorno, al di là delle colline, le parve di scorgere grandi nuvole rosse e fiammeggianti. Più si avvicinavano e più poteva vedere enormi lingue di fuoco danzare nel vento. Italia, emozionata e incredula pensò che il Conte fosse tornato, tenendo fede alle sue potenzialmente focose promesse.
Si vestì del suo abito più bello, un po’ fuori moda perché le finanze quello consentivano, si truccò e finalmente scese dalle torri per correre incontro al suo salvatore.
Detto tra noi, qualunque titolo le sarebbe andato bene: Cavaliere, Conte, giardiniere, cuoco, musicista o saltimbanco, purché ne risollevasse sorti e sottane.
Immaginate il suo stupore quando vide, invece, arrivare un maestoso e imponente branco di Draghi. Capì che, ormai, era la resa dei Conti.
-“Eppure nelle storie cavalleresche i Draghi rapiscono le principesse, sono cattivi e devono essere sconfitti” – penso Italia tra sé.
Qualcosa non le era chiaro, ma di fronte al silenzio ascetico che aveva zittito gli uccelli del malaugurio e la natura tutta, lei si destò e, pronta alla morte, accolse i nuovi pretendenti urlando furiosa: “dov’è la Vittoria?”
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MONICA CAMILLA TORINO

Non posso scrivere la mia vita, è lei che scrive me. Abbozza, sbaglia, corregge. Mette punteggiatura a casaccio. Raramente mi lascia fare l'editing.

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