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Ho trovato la felicità

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Il Book Pride a Milano

Una volta che sono stato al Book Pride a Milano, mi ha avvicinato una ragazza con un gran fermaglio “fate l’amore non fate la guerra” e un microfono. Era seguita da un ragazzone con cinepresa e una lunga treccia che poi era fatta da tante trecce messe insieme in una, sulla sua testa.
A microfono spento mi dice a bruciapelo: «Ti faccio due domande, ti va?» Annuisco. «Dimmi come ti chiami e cominciamo». Data la mia esperienza di com’è stroppiato il mio cognome, tiro fuori un biglietto da visita; di Pettinaroli, modestamente.
La ragazza lo guarda e con i polpastrelli liberi (ha guanti tipo padrepio), sente le lettere a rilievo e rivolgendosi all’operatore dice: «Uè Sèba, abbiamo da intervistare un signore!». Poi, intenerendomi, mi sussurra «me lo posso tenere?» Le sorrido.
Ciak. «Perché sei, perché è, insomma cosa è venuto a fare qui signor Quagliarella?» Io: «Voi giovani mi incuriosite molto e poi credo che da voi c’è da imparare».
Quasi tramortita Sylvie (ha il badge sulla maglietta a righe) mi chiede: «Ha trovato quello che cercava?» «Si» le rispondo. E lei elettrizzata: «Ce lo dica, si capisce che è uno che sa di come si scrive e di libri, mi sbaglio?»
«Insomma, ho cercato di mescolarmi in questo mondo di libri e di umanità e ne esco con alcuni in una sporta, e lei, e tu che mi scambi per uno che sa e allora sì, lo ammetto, ho trovato la felicità». Poi al ragazzone: «Uè Sèba, smetti di riprendere, che mi devo baciare la Sylvie!»

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ANTONIO QUAGLIARELLA

Pugliese del ’44, una decina d’anni in ogni provincia e, partendo da Lecce, ha emigrato nel 2003 in Lombardia. Proprio l’anno del grande caldo, con questa regione in testa per il maggior numero di anziani sopravvissuti. Sempre nel campo finanziario, ha smesso (fortunatamente) di dare consigli il 30 aprile del 2013. Servizio militare assolto con gioia e onore nei Parà, la Toscana gli entra nel cuore in quel periodo, era 1968. Non resiste per tanto tempo a niente e a nessuno, quando ha potuto farlo si muove di conseguenza, riconoscendosi il merito di saper vivere con piacere in contesti molto complessi e diversi e questo sin da bambino. Ogni volta prova la stessa sensazione di avere di fronte una vita nuova di zecca da scoprire e questo gli moltiplica le forze. Viene cooptato nel Rotary International e si merita la Paul Harris Fellow, appena prima che istituissero il numero chiuso per i terroni. Questo continuo frazionamento di vita lo porta alla convinzione che l’ultima persona vicina non potrebbe mai avere sottomano una storia completa (quasi) della sua vita. Così comincia a scrivere. Ne fa le spese, di questo fiume di inchiostro, La Rivista Intelligente e la sua “mamma” Giovanna. Essere sé stessi sempre, qualche volta anche juventino, ha un prezzo da pagare. Solo una donna sempre al suo fianco, dai tempi della migrazione e l’accoglienza, continua a fargli sconti e a dargli credito e lui l’ha legata a doppio filo alla sua vita, ormai finalmente stanziale.

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