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Ibrida? Disinformazia!

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una volta le chiamavamo bufale…
“E’ l’insieme delle modalità con cui, pur non ricorrendo a un’occupazione militare, un paese realizza un’ingerenza in un paese straniero puntando a impadronirsi dei suoi asset strategici, e a inquinare i circuiti di comunicazione con opere di disinformazione non spontanee, ma coordinate da una strategia unica”. Dall’intervista fatta dalla giornalista Valeria Valentini alla vicedirettrice del Dipartimento informazioni per la sicurezza, Alessandra Guidi, uscita su Il Foglio il 13 giugno. La cito testuale, perché mi pare la definizione più precisa che ho finora trovato.
Vediamo di renderci conto di cosa significa, dei pericoli che stiamo correndo, dei molti anni dai quali la guerra ibrida è cominciata, mentre gli italiani non se ne accorgevano e cascavano nelle trappole seducenti e velenose delle fake news, sparse a piene mani da canali Tv e attraverso internet.

Da IlSole24ore del 17 giugno 2022

Noi, che per ragioni diverse stiamo molto sui social, ne siamo stati il primo obiettivo, e in molti casi lo strumento. Uscivano dei siti, ben fatti e dall’aspetto autorevole, che diffondevano notizie false, deliranti, surreali – ma anche cariche di malignità. Se provavamo a smentirle, venivamo assaliti da profili diversi, con nomi diversi, ma con gli stessi contenuti. Sembravano dei matti, diffondevano “bufale” – li chiamavamo troll, hater, poi abbiamo cominciato a chiamarli bot – erano organizzatissimi. Potenti, insidiosi. Hanno avuto molta influenza, non solo in Italia, ma in tutto quello che viene chiamato Occidente, ovvero in paesi, importanti e influenti, dove vige, con infiniti difetti e limiti, la cosa chiamata Democrazia. Paesi imperfetti certo – ma in grado di godere dell’altra cosa, che si chiama Libertà.
Perché qui la posta in gioco è la nostra libertà. Anche di credere in fole dementi, certo. Anche di sparare sciocchezze all’impazzata, e come no. Ma c’è un limite. Che è stato superato da un pezzo. Ora sembra che ci si stia rendendo conto del patatrac, e si cerchi di correre ai ripari.

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GIOVANNA NUVOLETTI

Sono nata nel 1942, a Milano. In gioventù ho fatto foto per il Mondo e L’Espresso, che allora erano grandi, in bianco e nero, e attenti alla qualità delle immagini che pubblicavano. Facevo reportage, cercavo immagini serie, impegnate. Mi piaceva, ma i miei tre figli erano piccoli e potevo lavorare poco. Imparavo. Più avanti, quando i ragazzi sono stati più grandi, ho fotografato per vivere. Non ero felice di lavorare in pubblicità e beauty, dove producevo immagini commerciali, senza creatività; ma me la sono cavata. Ogni tanto, per me stessa e pochi clienti speciali, scattavo qualche foto che valeva la pena. Alla fine degli anni ’80 ho cambiato mestiere e sono diventata giornalista. Scrivevo di costume, società e divulgazione scientifica, per diversi periodici. Mi divertivo, mi impegnavo e guadagnavo bene. Ho anche fondato con soci un posto dove si faceva cultura, si beveva bene e si mangiava semplice: il circolo Pietrasanta, a Milano. Poi, credo fosse il 1999, mi è venuta una “piccolissima invalidità” di cui non ho voglia di parlare. Sono rimasta chiusa in casa per quattro/cinque anni, leggendo due libri al giorno. Nel 2005, mi sono ributtata nella vita come potevo: ho trovato un genio adorabile che mi ha insegnato a usare internet. Due giovani amici mi hanno costretta a iscrivermi a FB. Ho pubblicato due romanzi con Fazi, "Dove i gamberi d’acqua dolce non nuotano più" nel 2007 e "L’era del cinghiale rosso" nel 2008, e un ebook con RCS, "Piccolo Manuale di Misoginia" nel 2014. Nel 2011 ho fondato la Rivista che state leggendo, dove dirigo la parte artistico letteraria e dove, finalmente, unisco scrittura e fotografia, nel modo che piace a me.

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