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Racconti

La schiava bambina

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Oggi mi compro una bambina. L’ultima mi ha stufato. L’ho data a Gaub per il suo casino. Ci muoia pure, chi se ne frega.
Ce n’è una che mi piace nel negozio dello zoppo. È la prima volta che gli parlo, ma è lui il capo qui dentro.
«Il pacchetto non è ancora stato aperto», mi dice, lisciandosi il pizzetto con un ghigno. «Me l’hanno data per pagare un debito. Prendila, se vuoi. È cara, ma tu hai di che pagarla».
Lei mi guarda. Uno sguardo non di paura ma di sfida. Ne ammiro le fattezze, i lineamenti incorniciati dai capelli lunghi, neri, lucidi di unguenti profumati.
«Verrò io da te a ritirare il prezzo», continua il vecchio. Non mi chiede dove abito, ma tutti mi conoscono in città.
Ho una bella casa sulle colline, dove tengo mia moglie e i miei figli. Nella casa lungo il fiume, invece, tengo la concubina del momento. Ci porto la bambina. L’affido a Sonia, una vecchia che ha smesso al casino e ora addestra le mie piccole schiave. Le frusta, quando ci vuole, e se non capiscono le lascia senza cibo fino a che non si addomesticano. Mi piace domarle quando si sentono fiere. Stanotte vedremo se ne avrà bisogno anche la nuova.
A mezzanotte, mentre vado alla casa sul fiume, mi prende una strana sensazione. Forse ho mangiato troppo, forse sono ubriaco. Ho la testa pesante. I movimenti lenti. Una specie di groviglio tra il petto e lo stomaco.
La piccola mi attende, seduta alla specchiera. Si liscia i capelli color ebano. Le mani sono piccole e sottili, le dita lunghe. Il profumo dell’unguento si spande per la casa.
Mi guarda nello specchio, con i suoi occhi neri, un’espressione di sfida sulle labbra. Sa cosa sta per succederle? Perché non trema, non supplica, non piange? Mi guarda come se fossi io a dover temere. Voglio afferrarla, buttarla per terra, ma le gambe mi tengono bloccato.
Sento un brivido: una notte un’indovina mi disse che una femmina mi avrebbe incenerito con lo sguardo. Comincio a ridere, adesso come allora. Mi esce un riso stridulo che finisce in un singhiozzo. Sento la rabbia che mi sale dentro, una rabbia mescolata alla paura. La raggiungo, la tiro giù dallo sgabello. Al diavolo le profezie! Queste parole, chissà perché, le urlo.
Sto per sbatterla sul letto, ma vedo nello specchio il volto del vecchio. Sento la sua voce. È venuto per farsi pagare. Mi volto. Lo cerco con lo sguardo. Provo a parlare, ma dalla bocca mi esce solo un ululato. Mi piscio addosso. Sento un dolore al petto.
Guardo la bambina. La vedo ingigantirsi. La sua bocca si spalanca, il viso si sfigura. Su di lei vedo scorrere i volti di tutte le schiave che ho avuto.
Mi dà una spinta. Cado sul pavimento. Mi viene sopra. Mi sputa addosso e preme un piede su di me. I suoi occhi mi fissano beffardi, la bocca le s’increspa. I denti scintillano alla luce delle lampade.
Mi morde il cuore. Muoio mentre ride.

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ROSSANA CAU

Vive in Lombardia ma la sua anima resta profondamente sarda. Mantiene le sue radici e ne scrive. È admin e membro della redazione per la pagina facebook de LaRivistaIntelligente e ne coordina tutti i contenuti in pubblicazione.

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