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Pane e prosciutto

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Un grande regista italiano, antipatico a molti per carattere e scelta di vita, disse una volta, per bocca di uno dei suoi personaggi, che le parole sono importanti.
Sembra una banalità, ma non lo è. Il linguaggio, il modo di esprimere i concetti formano, con le immagini, la struttura della nostra esistenza, del nostro stare insieme agli altri. Di comunicare con gli altri. A volte dominarli, anche.
Col passare del tempo, aumentano le possibilità offerte da una tecnologia che viaggia a velocità più alta della capacità umana di utilizzare i mezzi che essa stessa crea.
La fantasia è smisurata ma non infinita. Per fare un esempio basti pensare alla musica leggera: le basi di ciò che viene prodotto oggi sono ancora le stesse inventate nel prodigioso ventennio tra il ’60 e il ’70. Chi cerca oggi di creare nuovi stili, nuove proposte, anche nel campo della musica cosiddetta classica, sa di intraprendere sentieri impervi.
Ma torniamo alle parole. Una volta, se avevamo bisogno di pane e prosciutto, bastava scendere in strada e varcare la soglia di un negozio sormontato dalla scritta “Salsamenteria”, o addirittura, con sintesi inequivocabilmente onnicomprensiva, “Alimentari”. Ora abbiamo le insegne creative, che raggiungono vette esilaranti, in confronto al cui gli esempi citati dal glorioso settimanale “Il Male” (a proposito, grande nome) in una famosa rubrica di quarant’anni fa (brrrr!) fanno quasi tenerezza.
Naturalmente la politica è il campo di battaglia più battuto, nella guerra delle parole.“Politica” stesso è un sostantivo che, soprattutto in Italia, ha subito un’inversione a “u” nella percezione popolare, fino ad assumere un suono fastidioso, che evoca il malaffare, e non più la ricerca di uno stare insieme, magari pacifico, su questa terra.
Responsabili del ritardo nel cogliere i mutamenti nella società sono, soprattutto in Italia, i partiti tradizionali. Proprio come i negozi, trenta o quarant’anni fa c’erano distinzioni chiare e nette. I democristiani, i comunisti, i socialisti. Qualche fascista nostalgico a rappresentare formalmente una destra non certamente liberale.
Oggi i media, a tutti i livelli, perdono tempo ed energie preziose tentando di spiegare al popolo chi e cosa siano di destra o di sinistra, ignorando (o fingendo di ignorare) che il popolo, a torto o a ragione, se ne frega.
Cosa dovrebbe dunque fare chi volesse evitare all’Italia le tragedie annunciate, disponendo ancora di qualche idea e di un nome screditato e un po’ troppo generico, come la scritta “Alimentari” ?
Io la penso così: chi, tra questi, ha le idee più chiare e moderne chiami urgentemente a raccolta il suo popolo e gli fornisca un nome nel quale riconoscersi. All’inizio non sarà facile, ma alla lunga chiarezza e contenuti pagano sempre. Come il coraggio.

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