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Fotografia

Piccole felicità con un tablet

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Foto di Giovanna Nuvoletti

 

Il mio bar non è nel centro storico, non è snob, e nemmeno accoglie turisti attoniti a frotte, poi, meno di tutto, si finge folklore o rusticità d’accatto. Si annida in una strada commerciale, percorsa da romani in cerca di acquisti a buon prezzo. Ma è un bar felice. Gelati, aperitivi, happy hour, spuntini buonissimi: a ogni ora gente di ogni età ne affolla i tavolini senza pretese.

In un angolo, lo scienziato pazzo mordicchia il suo panino mentre annota equazioni, più vicino al marciapiede una famigliola porge il cono di crema al bimbo in carrozzina, due ragazze carine si raccontano ridacchiando l’ultimo shopping in bancarella, mentre una coppia di sposi di mezza età allunga le gambe sotto il tavolino, sospirando di fatica e sorridendosi in silenzio. Vivono, tutti. Davvero.

Alzo il mio tablet, inosservata tra la gente che sosta e che passa. Con calma, inquadro nell’ampio display la scena, come avessi fra le mani un banco ottico lieve, magico, alato. Sfrsccch. Non è un clic, è un fruscio. L’immagine è presa, un pezzo di mondo ora mi appartiene. Sfrsccch. Con amore.

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GIOVANNA NUVOLETTI

Sono nata nel 1942, a Milano. In gioventù ho fatto foto per il Mondo e L’Espresso, che allora erano grandi, in bianco e nero, e attenti alla qualità delle immagini che pubblicavano. Facevo reportage, cercavo immagini serie, impegnate. Mi piaceva, ma i miei tre figli erano piccoli e potevo lavorare poco. Imparavo. Più avanti, quando i ragazzi sono stati più grandi, ho fotografato per vivere. Non ero felice di lavorare in pubblicità e beauty, dove producevo immagini commerciali, senza creatività; ma me la sono cavata. Ogni tanto, per me stessa e pochi clienti speciali, scattavo qualche foto che valeva la pena. Alla fine degli anni ’80 ho cambiato mestiere e sono diventata giornalista. Scrivevo di costume, società e divulgazione scientifica, per diversi periodici. Mi divertivo, mi impegnavo e guadagnavo bene. Ho anche fondato con soci un posto dove si faceva cultura, si beveva bene e si mangiava semplice: il circolo Pietrasanta, a Milano. Poi, credo fosse il 1999, mi è venuta una “piccolissima invalidità” di cui non ho voglia di parlare. Sono rimasta chiusa in casa per quattro/cinque anni, leggendo due libri al giorno. Nel 2005, mi sono ributtata nella vita come potevo: ho trovato un genio adorabile che mi ha insegnato a usare internet. Due giovani amici mi hanno costretta a iscrivermi a FB. Ho pubblicato due romanzi con Fazi, "Dove i gamberi d’acqua dolce non nuotano più" nel 2007 e "L’era del cinghiale rosso" nel 2008, e un ebook con RCS, "Piccolo Manuale di Misoginia" nel 2014. Nel 2011 ho fondato la Rivista che state leggendo, dove dirigo la parte artistico letteraria e dove, finalmente, unisco scrittura e fotografia, nel modo che piace a me.

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