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Racconti

Volevo una bambola rock

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Illustrazione Stefano Navarrini ©

Molti anni fa chiesi a Babbo Natale, o meglio alla Befana, una bambola. Si chiamava Dolly Rock, portava i capelli alla Joey Tempest e suonava la chitarra elettrica. Invece ricevetti La Maglieria di Barbie. Come a dire vuoi fare la rocker? Meglio se fai la calza, va’.
Che in realtà non è andata così. I miei genitori non si persero certo in questi sofismi. Dolly Rock era solo troppo costosa. Prezzo novantamila lire, ricordo ancora: il negoziante che lo pronunciava e il mio sogno che svaniva.
Ostinata restai a guardare la bambolona a lungo con occhi da bue, sperando di muovere a pietà i miei due befani. Ma non accadde. Non ricordo poi se la maglieria la scelsi io o loro. A ogni modo ci giocai, anche con una certa soddisfazione a volte: creare qualcosa era divertente – anche se tutto ciò che creai fu qualche tubo di lana arancione per vestire Barbie. Fu la mia ultima epifania con giocattolo, l’anno dopo ero ormai troppo grande…
Ora lei è là, la maglieria dico, nella sua scatola un po’ sdrucita ai bordi, con dentro fili spezzati, un gomitolo e pezzi di stoffa stantii. Sta ancora lì, eh, come a ricordarmi che “così va la vita, bambina.
Ti aspetti un sabato scintillante di sole e ti svegli con la nebbia che inghiotte il balcone. Speri in un’auto ma ti arriva il triciclo. E ti ci adegui pure, al triciclo, intanto, pensi, c’è tempo. E però quello passa, e ti distrai con altre cose, ti dimentichi del primo desiderio, lasci proprio andare, colpevole!, ti affezioni persino al triciclo… Finché un giorno un singulto ti acchiappa: sei troppo grande ormai.
Guardi dal rettangolo opalino della finestra e pensi. E non sai. Non sai se vuoi credere al “troppo grande” o se è solo una gran balla. Se pretendere Dolly Rock o fare tubi di lana arancione.

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