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Costumi

C’è Moda e Mods

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Nei primi anni sessanta, tra Londra e Brighton, si svolgevano battaglie assai aspre. Il sangue scorreva davvero, le bande giovanili si affrontavano senza esclusione di colpi, i morti e i feriti non si contavano, ma in Italia l’eco di queste autentiche battaglie arrivava attutito, lontano.

Sulle spiagge del sud britannico Mods e Rockers, rappresentanti di scuole di pensiero opposte sul modo di acconciarsi i capelli, di come ci si doveva vestire e, soprattutto, su questioni inerenti alla scelta se andare in moto o in Lambretta, se le davano di brutto in risse giganti che potevano durare giorni e giorni.

Qui da noi in genere tutto si butta in musica, e agli ottimi Gianni Meccia e Franco Migliacci viene in mente di scrivere un gagliardo pezzo sul tema. Ambientiamolo a Liverpool, devono aver pensato, è più di moda. E mettiamoci un tocco romantico, da noi il connubio amore-morte funziona sempre, dai tempi di Giulietta e Romeo. Che poi fu un inglese a raccontarla per bene, quella storia e quindi il cerchio si chiude.

Nasceva così “Uno dei Mods”, travolgente beat affidato a un nuovo cantante, spuntato all’improvviso come tanti altri in quel periodo. Stiamo parlando di Ricky Shayne, personaggio dall’etnia incerta proposto al pubblico come un curioso incrocio tra Little Tony e James Dean. Canta in un italiano quasi privo di accenti stranieri e appare, bellissimo nel suo ciuffo ribelle, nerovestito e con le mani coperte da sinistri guanti di pelle, appoggiato pigramente a una chitarra elettrica mentre, sullo sfondo, teppisti disegnati in stile fumetto danno vita a sfrenate e truculente scene di battaglia.

Nel corso della canzone il protagonista, affascinato dall’ “amico Bob”, decide di partecipare sotto la bandiera dei Mods a uno scontro che si rivelerà fatale per la sua ragazza, Mary, incautamente pronta a seguirlo.

Ricky, al secolo George Albert Tabett, ha in effetti una storia interessante, cosmopolita. Nato al Cairo, suo padre è un manager libanese mentre la vena artistica e il cotè occidentale del ragazzo sono assicurati dalla madre, pittrice francese.

Il pezzo è buono, Ricky è bello e sa cantare più che discretamente, il successo arriva meritatamente.

Per capire qualcosa di più degli avvenimenti di quegli anni in Inghilterra dovremo aspettare però una diecina d’anni e il racconto, divenuto poi film di culto, che ne faranno gli Who di Pete Townshend con il mitico lp doppio “Quadrophoenia”.

Che però è tutta un’altra storia.

 

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