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Scritture

Dio Gatto

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Immagine di Flaminia Cavagnaro

Ora lo sappiamo con certezza quasi matematica: da qualche parte lassù (o laggiù, ormai non ci si capisce più niente), ci sono altri esseri. Altre vite, altri pensieri. Certo, un po’ distanti in termini di chilometraggio, ma in fondo che importa? Quelli potrebbero aver inventato mezzi che si bevono gli anni luce come niente, arrivare qui da noi in un battibaleno e far di noi ciò che vogliono.
Sempre che non lo abbiano già fatto, s’intende.
Tutte quelle storie sugli antichi profeti, uomini superiori che compivano gesta mirabolanti: miracoli. Morti che tornano in vita, acqua che si trasforma in vino, lunghe camminate sul pelo dell’acqua. A leggere i vangeli apocrifi, per esempio, Gesù da piccolo era un ragazzino pestifero, altro che Harry Potter. Fulminava con lo sguardo i piccoli coetanei che lo prendevano in giro per qualche stranezza e loro, puf, cadevano stecchiti al suolo. Oppure: suo papà Giuseppe, falegname di qualità non eccelsa, sbagliava spesso i calcoli, si sa. Beh, magari un tavolaccio di legno veniva fuori con le gambe storte e non riusciva a stare in piedi decentemente? Paf, con un gesto della mano il piccolo Gesù rimediava agli errori, per non fargli fare brutta figura. Un vero maghetto.
Non mi invento niente, eh! E’ tutto scritto nei Vangeli apocrifi, che poi sono come gli altri, quelli sacri, ma scartati dalla chiesa ufficiale.
Insomma, tutto lascerebbe pensare che nel corso del tempo esseri straordinari siano planati da chissà dove sulla Terra, interferendo con le vicende umane, forse tentando di rimettere in riga situazioni che rischiavano di degenerare.
Secondo me – ma questa è un idea del tutto personale – questi alieni saggi e potenti a un certo punto non si sono più fatti vedere. Ma hanno lasciato con noi dei custodi, a tenerci d’occhio: gli animali. Gli Egizi, che certo non erano più stupidi di noi, tutt’altro, tenevano in gran conto alcuni di essi. I cani e i gatti, per esempio, che compaiono in mille rappresentazioni nelle vesti di veri e propri dei.
Una volta, molti anni fa, ho sognato di trovarmi in una grande piazza di paese. A un certo punto, scorgo da lontano una piccola massa bianca, sul fondo della piazza, e mi dirigo a passi incerti verso quella che, man mano che mi avvicino, si rivela essere un grande gatto bianco, dal pelo lungo e folto e dallo sguardo infinitamente dolce, venato da una vaga tristezza. Arrivato al suo cospetto, so di preciso cosa devo fare: lo abbraccio stretto, spontaneamente, senza nessuna esitazione. Lui non ha paura di me. Anzi, si alza sulle zampe posteriori e ricambia come può il mio abbraccio, infondendo nel mio animo una pace, un sentimento così profondo di amore incondizionato, puro, che ancora oggi è uno dei miei ricordi più vivi e presenti.
Grande gattone bianco, uomini potenti dello spazio infinito, aiutateci voi, se potete.

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