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Il sorriso di Pico Cellini

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Bruno Di Maio - Ritratto di Pico Cellini

L’amico Bruno Di Maio, pittore valentissimo che vive a Cecina, fu molto vicino al maggiore tra i restauratori di opere d’arte, nonché scopritore di falsi, che il XX secolo abbia conosciuto: intendo dire di Pico Cellini (1903-2000)che ho avuto la fortuna di conoscere e frequentare, non solo perché la sua cara moglie Antonia Nava fu mia professoressa di Storia dell’arte al liceo Mamiani, ma perché più volte mi recai da lui per apprendere la sua straordinaria esperienza di conoscitore e intenditore di uno spettro amplissimo dell’arte occidentale, dai greci ai romani, dal romanico al gotico al Riinascimento fino al nostro Seicento barocco e oltre…
Pico Cellini viveva con la famiglia in Via Monte Zebio, nel quartiere della Vittoria, a due passi dalla Piazza Mazzini, e lì ha trascorso una lunga esistenza di puntuale e meticoloso studio e lavoro. Fu a capo dei restauratori ai Musei Vaticani, a lui si deve la scoperta della ‘Giuditta’ del Caravaggio (oggi a Palazzo Barberini), della origine medioevale della Imago antiqua della Madonna sottratta ai restauri cinquecenteschi, oltre ad avere redatto una sorta di ‘catalogo delle croste’ di tanti dipinti spacciati per capolavori e come tali venduti in quasi tutti i musei del mondo.
Pico aveva dalla sua la schietta bonomia ironica dei romani, un occhio e una memoria fuori del comune, una grandissima esperienza accumulata nello andirivieni per tutti i ‘robivecchiari’ di Roma, dove circolavano dipinti appartenuti alle migliori famiglie patrizie e cardinalizie.
Aveva iniziato gli studi di pittura presso l’atelier di suo padre Giuseppe, amico e prezioso illustratore delle opere di Gabriele D’Annunzio, e si era venuto formando da autodidatta una sua speciale capacità ‘investigativa’, sulla lezione ‘fisiognomica’ del grande Giovanni Morelli.
Parlare di Pico Cellini non è possibile in poche righe, tanti sono gli aneddoti che si tramandano di lui e tante le sue avventure, scoperte e ‘massacri’; era un tipo capace di ire trribili, quando si trovava al cospetto di contraffazioni che sapeva scovare con lucidità pressoché infallibile.
Io ho voluto bene a lui, al suo fratello Mario (che era un simpatico ‘amateur marchand’), alla mia cara insegnante Antonia, ai figli Paolino e Francesco, uno dei migliori architetti italiani contemporanei, cui si deve l’attuale restauro dell’Augusteo. E sono felice di ritrovare il suo volto buono dallo sguardo sapiente e incisivo così come lo ha ben colto Bruno Di Maio, che di Pico Cellini fu allievo e collaboratore.

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DUCCIO TROMBADORI

Duccio Trombadori. Nato a Roma nel 1945, figlio e nipote d’arte, dal padre Antonello e dal nonno Francesco ha ereditato la passione per la politica e la pittura. Laureato in Filosofia, è stato giornalista, critico d’arte, saggista, docente di estetica alla università di Architettura di Roma. Ha iniziato a scrivere d’ arte su ‘L’Unità’ alla fine degli anni Settanta, ha continuato in seguito su ‘Rinascita’, ‘Panorama’, ‘Il Foglio’, ‘Il Giornale’, e sul Tg3. Esperto d’ arte italiana del ‘900, ha diretto una rivista d’arte (‘Quadri&Sculture’, 1993-1998) ed ha curato monografie di Mario Mafai, Francesco Trombadori, Antonio Donghi, Riccardo Francalancia, Giulio Turcato, Renato Guttuso, Mario Schifano, Mario Ceroli. Tra il 1993 e il 2013 ha collaborato a diverse edizioni della Biennale di Venezia, di cui è stato consigliere di amministrazione. E’ stato più volte consigliere di amministrazione della Quadriennale di Roma. E’ autore di un libro- intervista con Michel Foucault (1982) e di una biografia ragionata di Gino De Dominicis (2012) . Un suo libro di versi (’Illustre Amore’, 2007) è giunto finalista al Premio Viareggio. E’ pittore di piccoli paesaggi di gusto ‘novecentesco’ che ha esposto a Parigi e Roma tra il 1990 e il 2014.

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