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Manuale di sopravvivenza

Sei già vecchio?

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Arriva inesorabile, lui fa finta di non accorgersene, ma arriva; sotto forma di dolorini nuovi, macchie della pelle, necessità di appuntamenti più ravvicinati con la pedicure.
C’è sempre qualcuno che ne sa di più e dice, per consolarlo: “Che cosa credi? Pensi di essere immune agli anni che passano?” Poi lo illumina: “Quello che importa è rimanere al passo coi tempi!”.
Ma non basta, deve nascondere anche le ultime analisi, per la vergogna, ritirare le medicine dalla farmacia poco alla volta, per non dare nell’occhio con un sacchetto, tipo supermercato; infine deve programmare, facendolo sapere a tutti, viaggi estenuanti in paesi sconosciuti mostrando spirito d’avventura, quando invece desidera solo di avere tutte le comodità, pure in pieno deserto.
E ci sono, inesorabili, i segnali che arrivano dall’esterno. Come quando in paese arriva l’autoemoteca e si presenta sorridente e ganzo all’infermiera che gli dice che dopo i sessantacinque anni non è possibile fare la donazione. Come quella volta che l’addetto dell’autonoleggio gli restituì la patente e a voce alta, così che anche l’ultimo della coda sentisse, disse: “ Non posso, lei ha più di settant’anni!”.
C’è la giovane donna che gli offre il posto a sedere in metrò e la cassiera del cinematografo che gli fa il biglietto “over sessantacinque” senza chiedere un documento. O quando, nello spogliatoio della palestra, rivestendosi prova a centrare col piede lo spazio degli slip (c’era sempre riuscito), lo manca, s’impiglia l’alluce, e comincia o saltellare per non cadere, sino a trovare, sotto il sedere, la panca come fosse un salvagente tra i marosi. Intorno sorrisi mal celati.
A casa, non visto, guarda sempre meno incredulo lo specchio che gli risponde: “Non temere, sei proprio tu, la pappagorgia, le macchie più scure, la peluria abbondante sui lobi, lo sguardo opaco e il color cervone delle pupille inesorabilmente confuso, sono tutte cose che appartengono a te”. I sintomi ormai ci sono tutti, può chiamarsi vecchio e a buon diritto: ma solo lui, perché agli altri non è ancora consentito.

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ANTONIO QUAGLIARELLA

Pugliese del ’44, una decina d’anni in ogni provincia e, partendo da Lecce, ha emigrato nel 2003 in Lombardia. Proprio l’anno del grande caldo, con questa regione in testa per il maggior numero di anziani sopravvissuti. Sempre nel campo finanziario, ha smesso (fortunatamente) di dare consigli il 30 aprile del 2013. Servizio militare assolto con gioia e onore nei Parà, la Toscana gli entra nel cuore in quel periodo, era 1968. Non resiste per tanto tempo a niente e a nessuno, quando ha potuto farlo si muove di conseguenza, riconoscendosi il merito di saper vivere con piacere in contesti molto complessi e diversi e questo sin da bambino. Ogni volta prova la stessa sensazione di avere di fronte una vita nuova di zecca da scoprire e questo gli moltiplica le forze. Viene cooptato nel Rotary International e si merita la Paul Harris Fellow, appena prima che istituissero il numero chiuso per i terroni. Questo continuo frazionamento di vita lo porta alla convinzione che l’ultima persona vicina non potrebbe mai avere sottomano una storia completa (quasi) della sua vita. Così comincia a scrivere. Ne fa le spese, di questo fiume di inchiostro, La Rivista Intelligente e la sua “mamma” Giovanna. Essere sé stessi sempre, qualche volta anche juventino, ha un prezzo da pagare. Solo una donna sempre al suo fianco, dai tempi della migrazione e l’accoglienza, continua a fargli sconti e a dargli credito e lui l’ha legata a doppio filo alla sua vita, ormai finalmente stanziale.

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