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In Sicilia l’età dell’oro per la sinistra non c’è mai stata

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Trovo sul Messaggero una intervista a Emanuele Macaluso, dove si parla delle elezioni e della sinistra in Sicilia. La leggo subito perché Emanuele – oltre che un amico – è anche, come scrive Mario Ajello, “l’impersonificazione della storia della sinistra in Sicilia”.
Di chi è, chiede l’intervistatore, la colpa della defaillance democrat (sic) in Sicilia?
Macaluso risponde così: “Non va addebitata tutta a Renzi. Lui ha finito di distruggere ciò che già era in rovina. Il problema è che la sinistra ha rotto il rapporto con tutto il Mezzogiorno, non soltanto con la Sicilia. Il Pd, ma anche gli altri successori del Pci, hanno abbandonato la battaglia meridionalistica…. Da quando non c’è più il Pci, mi sembra sia mancata a sinistra la capacità di individuare i problemi, analizzarli e mettersi dentro ad essi. Ci si è rifugiati, più semplicemente, nel disinteresse”.
Giudizio severo, che a mio avviso ha più di un fondamento. Quello che mi suona a coccio, nelle parole di Emanuele, è però quel riferimento perentorio; come se tutti i guai, nel Mezzogiorno e specificamente in Sicilia fossero cominciati con la fine del Pci e con l’avvento dei “successori”.
Poiché – come conclude giustamente Macaluso – “i risultati si vedono”, sono andato a vedere i risultati. Ho preso gli ultimi prima della bufera dell’89 e prima che arrivassero quegli incapaci – quorum ego – che dispersero il prezioso patrimonio politico e culturale che Macaluso rimpiange. Le ultime elezioni regionali siciliane con il Pci (segretario Natta, non Occhetto) si svolsero nel 1986. Ecco i risultati che tutti possono vedere: Pci 19,3%, meno della metà della Dc (38,8%). Per fare un confronto con la situazione nazionale, andiamo alle elezioni politiche dell’anno dopo, il 1987; nelle quali il Pci registrò il 26,58% rispetto al 34,31% della Dc. Fosse stato dappertutto come in Sicilia, il Pci avrebbe dovuto prendere intorno al 17%; esisteva dunque già allora una specificità elettorale siciliana.
Per completare la retrospettiva si possono “vedere i risultati” nelle regionali del 16 giugno 1991, la prima consultazione rilevante dopo la nascita del Pds e la scissione di Rifondazione comunista (febbraio di quello stesso anno). Il Pds raccolse il 10,5%, Rifondazione il 3,3%. A seguire, se vogliamo essere pignoli: nel 1996 rispettivamente il 13,3 e il 4,3 per cento (sommati sono neppure due punti in meno del Pci dieci anni prima); nel 2001 Ds 10,3% e Rc 2,4%, per arrivare al 13,42% del Pd nel 2012, in occasione della “vittoria” con Crocetta, tre o quattro decimali in più della percentuale registrata nel voto di domenica.
Guardiamoli, dunque, i risultati, senza perderci nei vagheggiamenti di presunte “età dell’oro”. Il “problema Sicilia” (come del resto, tanti altri problemi che si finge siano nati con Renzi e con il PD) non esplode, per la sinistra, con la fine del Pci; risultava già chiarissimo con il Pci in vita e operante.

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CLAUDIO PETRUCCIOLI

Nella vita ho fatto molte cose, ho avuto esperienze diverse, ho conosciuto tantissime persone; alla mia età (sono nato nel 1941) possono dirlo più o meno tutti. Mi piacciono molto le esplorazioni di luoghi poco frequentati perché i più preferiscono evitarli Ci sono stati momenti in cui sono stato “famoso”. Ad esempio nel 1971 quando a L’Aquila ci furono moti per il capoluogo durante i quali furono devastate le sedi dei partiti, compresa quella del Pci, di cui io ero segretario regionale. Ma, soprattutto, nel 1982 per il cosiddetto “caso Cirillo”, quando l’Unità pubblicò notizie sulle trattative fra Dc, camorra e servizi segreti per la liberazione dell’esponente campano dello scudo crociato sequestrato dalle BR. Io ero il direttore de l’Unità e mi dimisi perché usammo un documento “falso”; che, però, diceva cose che si sono dimostrate, poi, in gran parte vere. Sono stato in Parlamento e nella Segreteria del Pci al momento in cui cadde il Muro di Berlino, e anche Presidente della Rai. Con queste funzioni sono stato “noto” ma non “famoso”. La fama te la danno i media. Io, durante il caso Cirillo, ho avuto l’onore di una apertura su tutta la prima pagina de La Repubblica: “Petruccioli si è dimesso”. Quanti altri possono esibire un trattamento del genere? PS = Una parte di queste avventure le ho raccontate in “Rendiconto” (Il Saggiatore) e “L’Aquila 1971” (Rubbettino)

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