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BORDELLO PROPORZIONALE

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illustrazione di Aglaja

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Allora, tutti a dire:”Torniamo al proporzionale” No, non torniamo da nessuna parte; entriamo in un proporzionale senza precedenti. Non ci saranno i poderosi partiti degli anni 40/80; non ci sarà, soprattutto, la conventio ad excludendum che divideva in modo insormontabile l’area democratica dove si trovavano i partiti che potevano governare e governavano effettivamente, a cominciare dalla Democrazia Cristiana (complessivamente 2/3 circa degli elettori) dagli altri (comunisti e neofascisti, il restante terzo).

Il proporzionale nel quale ci si addentra oggi è senza riferimenti e senza confini; ciascun elettore proverà il brivido dell’onnipotenza perché assolutamente libero di votare per chi gli pare – in verità anche negli anni della Repubblica è stato così – ma soprattutto di cambiare voto ad ogni elezione, rifiutando il bis di una pietanza che non ha gradito dopo averla assaggiata. L’offerta non sarà stabile e ripetitiva come con i partiti elefantiaci, solidi e ben caratterizzati; le proposte saranno invece sempre più numerose, ogni volta diverse e poco impegnative per chi il voto lo da come – soprattutto – per chi lo riceve. Sono le cose che ci passano sotto gli occhi tutti i giorni e non si vede perché e come possano cambiare. L’elettore ne ricaverà una sorta di euforica vertigine che, probabilmente, lo gratificherà; almeno nei primi tempi.

Come quando c’erano i bordelli. Il cliente entrava, guardava, sceglieva; ogni volta una nuova se voleva. La ripetitività annoiava; a rifiutarla erano solo quelli che “si innamoravano della puttana”. Motivo per cui il serraglio veniva rinnovato con frequenza: settimanale o, al massimo, quindicinale.

Saranno così le elezioni nel prossimo futuro proporzionale. Chi andrà a votare (il parallelo evidentemente, è applicabile solo agli elettori maschi ma la sostanza ha valore generale) lo farà con la leggera e vacua allegrezza di quegli amiconi annoiati che si dicevano: “andiamo a casino, c’è la quindicina nuova. Vediamo come sono”. Poi sceglievano, singola o doppia che fosse; e si sentivano veri uomini. Liberi, per di più; perché quello che succedeva dopo non li riguardava.

Allegri ragazzi; quando verrà il momento il bordello proporzionale vi attende

PS – Io a casino non sono mai andato. Ho letto libri e visto film; e ascoltato anche qualche racconto.

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CLAUDIO PETRUCCIOLI

Nella vita ho fatto molte cose, ho avuto esperienze diverse, ho conosciuto tantissime persone; alla mia età (sono nato nel 1941) possono dirlo più o meno tutti. Mi piacciono molto le esplorazioni di luoghi poco frequentati perché i più preferiscono evitarli Ci sono stati momenti in cui sono stato “famoso”. Ad esempio nel 1971 quando a L’Aquila ci furono moti per il capoluogo durante i quali furono devastate le sedi dei partiti, compresa quella del Pci, di cui io ero segretario regionale. Ma, soprattutto, nel 1982 per il cosiddetto “caso Cirillo”, quando l’Unità pubblicò notizie sulle trattative fra Dc, camorra e servizi segreti per la liberazione dell’esponente campano dello scudo crociato sequestrato dalle BR. Io ero il direttore de l’Unità e mi dimisi perché usammo un documento “falso”; che, però, diceva cose che si sono dimostrate, poi, in gran parte vere. Sono stato in Parlamento e nella Segreteria del Pci al momento in cui cadde il Muro di Berlino, e anche Presidente della Rai. Con queste funzioni sono stato “noto” ma non “famoso”. La fama te la danno i media. Io, durante il caso Cirillo, ho avuto l’onore di una apertura su tutta la prima pagina de La Repubblica: “Petruccioli si è dimesso”. Quanti altri possono esibire un trattamento del genere? PS = Una parte di queste avventure le ho raccontate in “Rendiconto” (Il Saggiatore) e “L’Aquila 1971” (Rubbettino)

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