Siamo a Ischia, un’estate del 1960.
Il bianco lattiginoso di un cielo privo di nuvole carpisce metà dell’inquadratura e segna l’orizzonte con un taglio netto, al di sotto del quale la gamma cangiante dei grigi suggerisce il blu intenso di acque limpide e profonde. Nugoli di fumo in primissimo piano si dissolvono, scoprendo la sagoma dello scafo e al rombo del motore che si spegne si sovrappone un suono ripetuto, come di uno schiaffo sull’acqua, a introdurre l’inquadratura successiva, dove braccia e gambe in fuori fuoco attraversano lo schermo in diagonale.
Nino Rota rimesta nel ritmo frenetico della marcetta frasi rubate a Kurt Weill e a Ottorino Respighi per accompagnare i tuffi e far brillare i sorrisi, che catturano la luce e la riverberano sugli occhiali scuri dalla forma avveniristica e sulle tese rigide dei cappelli di paglia, mentre a prua si distendono bagnanti.
Tra spruzzi d’acqua, si beve e si sniffa, ma senza divertimento. E ogni ricercatezza escogitata per trascorrere il tempo non basta a vincere la noia e il mal di vivere.
Nessun cinefilo saprebbe riconoscere la sequenza così maldestramente descritta, malgrado gli indizi disseminati qua e là. Questa scena non esiste, se non in embrione, nella geniale e profetica fantasia di Fellini. E non c’è sforzo immaginativo che possa ricostruire qualcosa che non c’è.
Eppure il “picnic nautico”, nella sceneggiatura originale della “Dolce Vita”, era uno dei punti di forza del film, nonché un omaggio al produttore Angelo Rizzoli, che amava Ischia e cercava in tutti i modi di promuoverla come set.
Non si conoscono i motivi per cui poi si abbandonò l’idea di girare la sequenza di questo party tra motoscafi ancorati nelle acque di Ischia. La lavorazione del film, estremamente lunga e complessa, aveva portato allo sforamento del butget previsto, ma Rizzoli non sembrava preoccuparsene.
Probabilmente ci furono ragioni squisitamente artistiche che indussero Fellini a desistere. Il party avrebbe avuto un epilogo tragico, con una delle bagnanti bruciata dalla nafta, e il regista ritenne che questa nota drammatica avrebbe finito per anticipare il tema di Steiner, il professore suicida, sbilanciando l’equilibrio dell’insieme.
Un vero peccato!
Auguri, Federico Fellini!