Caricamento

Digita la ricerca

Polis

La tentazione di non votare

4.988 visite

Non pochi coltivano l’incertezza non solo sul chi votare, ma anche sul se votare. I giornali di questi giorni dicono che sarebbe un numero di elettori più alto del solito; i quali – come è sempre avvenuto – decideranno solo negli ultimi giorni, se non nelle ultime ore. Se ne parla un po’ come fossero handicappati; e anche loro, spesso, si considerano se non proprio tali, non all’altezza dei “normali” che hanno tutto chiaro in testa. In realtà il giudizio potrebbe essere facilmente capovolto; si tratta, infatti, di persone che dedicano più tempo e riflessione di altri per decidere che uso fare del voto. Meritano, perciò, più attenzione di quanti fin dall’inizio hanno chiaro che voteranno, e per chi. Questa nota è dedicata a loro; cerca di mettere in luce il significato della loro incertezza. Ha l’obiettivo di aiutarli a prendere una decisione il più possibile consapevole.
Escludiamo coloro che non votano da tempo, e che con buona probabilità non voteranno neppure questa volta. Sono anch’essi importanti, ma è quasi impossibile risalire alle motivazioni originarie di un comportamento consolidato. Concentriamoci, invece, su quelli che nelle elezioni trascorse sono andati a votare e non sanno se farlo questa volta.
Chi nelle ultime elezioni omologhe (quelle politiche del 2008) ha votato per una lista ed è in dubbio se farlo ancora è – evidentemente – perché non giudica positiva l’azione di coloro ai quali dette fiducia e sostegno. Anche se dice a se stesso/a che si astiene per motivi più generali (che so, per una ripulsa complessiva nei confronti della politica e delle sue degenerazioni) il danneggiato è uno: quello che l’altra volta ebbe il suo voto e questa volta non lo avrà. Passare dal voto al non voto ha questo effetto pratico; chi decide un cambiamento di questo tipo è bene che lo abbia chiaro e che sia convinto di volerlo.
Non votare per questo motivo ha dunque il significato di una “sanzione” verso quello che avevamo preferito l’ultima volta; ma è una sanzione – per così dire – al 50%: “Non mi accompagno più con te, ma non vado neppure in cerca di qualcun altro. E chissà, se ti redimerai, domani vedremo….”.
Per decidere di non votare con una certa tranquillità, è però necessario anche un altro presupposto: devi pensare che non siano incombenti pericoli che tu consideri particolarmente minacciosi. Qualora nutrissi timori del genere, logica vorrebbe che usassi il tuo voto in modo da contrastare quei pericoli. L’astensione, quindi, è perfettamente razionale da parte di chi vuole ritirare il consenso a chi l’aveva dato l’ultima volta; per mandargli un avvertimento o per staccarsene definitivamente senza aver tuttavia formulato nuove preferenze; e valuta di poterlo fare senza che, dal suo punto di vista, succeda nulla di irreparabile.

Come quando a poker si salta una mano. Certo, se poi di mani ne salti tante di seguito, vuol dire che hai deciso di non giocare più.

Vai alla presentazione

Tags:
CLAUDIO PETRUCCIOLI

Nella vita ho fatto molte cose, ho avuto esperienze diverse, ho conosciuto tantissime persone; alla mia età (sono nato nel 1941) possono dirlo più o meno tutti. Mi piacciono molto le esplorazioni di luoghi poco frequentati perché i più preferiscono evitarli Ci sono stati momenti in cui sono stato “famoso”. Ad esempio nel 1971 quando a L’Aquila ci furono moti per il capoluogo durante i quali furono devastate le sedi dei partiti, compresa quella del Pci, di cui io ero segretario regionale. Ma, soprattutto, nel 1982 per il cosiddetto “caso Cirillo”, quando l’Unità pubblicò notizie sulle trattative fra Dc, camorra e servizi segreti per la liberazione dell’esponente campano dello scudo crociato sequestrato dalle BR. Io ero il direttore de l’Unità e mi dimisi perché usammo un documento “falso”; che, però, diceva cose che si sono dimostrate, poi, in gran parte vere. Sono stato in Parlamento e nella Segreteria del Pci al momento in cui cadde il Muro di Berlino, e anche Presidente della Rai. Con queste funzioni sono stato “noto” ma non “famoso”. La fama te la danno i media. Io, durante il caso Cirillo, ho avuto l’onore di una apertura su tutta la prima pagina de La Repubblica: “Petruccioli si è dimesso”. Quanti altri possono esibire un trattamento del genere? PS = Una parte di queste avventure le ho raccontate in “Rendiconto” (Il Saggiatore) e “L’Aquila 1971” (Rubbettino)

  • 1

Ti potrebbe piacere

Lascia un commento

Your email address will not be published. Required fields are marked *