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Scritture

La vita è eterna

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Immagine di Sabrina Suadoni

Mi guardo dentro, cerco di vedere se inizio dal nulla, ma non c’è alcun nulla dentro di me, o prima di me. Io ci sono sempre stata, pur se non sempre mi chiamavo io. Perché dovrei poter morire se non sono mai nata?
Mi sento come la vita fosse eterna. Non la mia, la tua, o la sua. Tutta. La vita non finisce, mai è cominciata, non ha avuto inizio – era da prima di materia e energia, prima della luce stessa. Prima del tempo e dello spazio, le due fragili sciocchezze.
La vita è da sempre, è prima del tutto, invece del nulla. E’ lei. La conosco benissimo, penso che voi tutti l’abbiate sentita. Dico che lo so, ma non lo so davvero, e forse è illusione, una botta di endorfine, e nemmeno ci crederei, non la sentissi addosso come un cane che mi morde i polpacci, mi spinge avanti avanti, senza smettere. Implacabile.
Una spinta che non è mai finita, nemmeno nella buia cucina invasa dal gas, dove, sul pavimento, io vidi disteso il corpo di mia madre, la testa nel forno. Anche quando raccolsi abbastanza pasticche da seguirla nella morte, e le buttai via, perché nessuno meritava davvero lo facessi.
Non ci credo, ma la esperisco, la sento nel corpo e nella mente. E mi perseguita, quando sono nel fondo dell’abisso. Mi abbraccia, mi mostra la gioia.
Non ci credo, perché troppo è il dolore. Non ci credo, per non passare per matta, che già sono autistica. Ma mi basta pensare la gioia, per vederla apparire – anche adesso – sentirla scorrere nel sangue, saettare nel cervello. La gioia, che non riesco a non vedere.
Là dove è possibile sciogliersi, ridividersi in atomi veloci. fondere come neve come nuvole, goderne.

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GIOVANNA NUVOLETTI

Sono nata nel 1942, a Milano. In gioventù ho fatto foto per il Mondo e L’Espresso, che allora erano grandi, in bianco e nero, e attenti alla qualità delle immagini che pubblicavano. Facevo reportage, cercavo immagini serie, impegnate. Mi piaceva, ma i miei tre figli erano piccoli e potevo lavorare poco. Imparavo. Più avanti, quando i ragazzi sono stati più grandi, ho fotografato per vivere. Non ero felice di lavorare in pubblicità e beauty, dove producevo immagini commerciali, senza creatività; ma me la sono cavata. Ogni tanto, per me stessa e pochi clienti speciali, scattavo qualche foto che valeva la pena. Alla fine degli anni ’80 ho cambiato mestiere e sono diventata giornalista. Scrivevo di costume, società e divulgazione scientifica, per diversi periodici. Mi divertivo, mi impegnavo e guadagnavo bene. Ho anche fondato con soci un posto dove si faceva cultura, si beveva bene e si mangiava semplice: il circolo Pietrasanta, a Milano. Poi, credo fosse il 1999, mi è venuta una “piccolissima invalidità” di cui non ho voglia di parlare. Sono rimasta chiusa in casa per quattro/cinque anni, leggendo due libri al giorno. Nel 2005, mi sono ributtata nella vita come potevo: ho trovato un genio adorabile che mi ha insegnato a usare internet. Due giovani amici mi hanno costretta a iscrivermi a FB. Ho pubblicato due romanzi con Fazi, "Dove i gamberi d’acqua dolce non nuotano più" nel 2007 e "L’era del cinghiale rosso" nel 2008, e un ebook con RCS, "Piccolo Manuale di Misoginia" nel 2014. Nel 2011 ho fondato la Rivista che state leggendo, dove dirigo la parte artistico letteraria e dove, finalmente, unisco scrittura e fotografia, nel modo che piace a me.

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