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Noi e Catherine

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Catherine Spaak e Vittorio Gassman ne "Il sorpasso"

Catherine Spaak nasce il 3 aprile del 1945 a Boulogne-Billancourt in Francia; la famiglia di origine belga, mamma Claudine è attrice e papà Charles sceneggiatore. Ha uno zio primo ministro e nonna Marie è stata la prima donna senatrice in Belgio. Si capisce che una famiglia così a Catherine stia stretta e, ad appena 15 anni, parte per Cinecittà dove gira per Lattuada I dolci inganni.
Nel 1962 quelli che, come noi, avevano 18 anni potevano andare a vedere i film di Catherine e fare dei bei pensieri. Così successe che quattro amici uscirono dal Kursaal S. Lucia di Bari, dopo l’ultimo spettacolo di “La voglia matta” di Luciano Salce, in un sabato di settembre e di pensiero ne ebbero solo uno: trovarla! Angelo, figlio di un tappezziere, aveva avuto in prestito dal padre la 1100/110 color marroncino chiaro che, di nuovo, aveva solo la tappezzeria: una bella pezza avanzata, di damasco da salotto, che era stata utilizzata allo scopo. Da vergognarsi a salirci, ma Angelo era l’unico che possedeva anche le 12.500 lire per la benzina che serviva per andare e tornare da Roma, altre 5.000 per pedaggi, caffè e panino e si sarebbero potuti comprare il sogno di cercare di incontrarla o almeno provare a toccare un’idea tangibile di quel mondo. Ecco cosa aveva scatenato il vedere quella esile ragazzina viziata, maliziosa ed impertinente, stile Lolita che piaceva tanto agli uomini e dava anche qualche buono spunto alle donne.
Indimenticabile quella sedicenne, Francesca, che illude e ridicolizza il maschio con spider rossa, che gli smonta ogni certezza, illudendolo con un po’ di intimità come il massimo che può dargli e il massimo che si merita. Il giovane Capucci, di un anno più grande, sta per sposarla forse perché sta nascendo Sabrina, 55 anni fa; era un urlo di modernità e non gli fu perdonato.
Come attrice interpretò quasi sempre se stessa e i tempi della nuova stagione. Girò il celeberrimo Il Sorpasso e La Noia con quel corpo di adolescente coperto solo da grandi banconote. Lei mai volgare, sempre vera. Grandi registi l’hanno guidata nella sua lunga carriera. Mentre scrivo sto ascoltando Morricone, che ha composto quasi tutte le colonne sonore dei suoi film: hanno anch’esse 55 anni ma la musica, come il ricordo di certe donne, non invecchia. Con Jonny Dorelli ebbe un figlio, che oggi fa l’attore, Gabriele Guidi. Poi ancora altri due matrimoni.
Chissà come si sarà trovato Alberto Sordi col quale girò Io e Caterina, altro spaccato di modernità a squarciare stereotipi e a confermare, ancora una volta, che l’umanità di una donna non sarà mai sostituibile e non certo con una macchina. Scrive alcuni libri oltre che una biografia densa di storie vissute sempre con passione. Catherine si racconta senza ipocrisie, anche negli sbagli, come succede in una vita intensa come la sua. Diventata giornalista, scrive per il Corriere della Sera e riesce, anche in questa veste; e tra i caratteri della stampa, a far sentire quel suo accento francese che qualche orecchio sa ancora ascoltare, con un piacere intatto.
Apprendere la sua morte, a Roma il 17 aprile del 2022, è un gran dolore.

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ANTONIO QUAGLIARELLA

Pugliese del ’44, una decina d’anni in ogni provincia e, partendo da Lecce, ha emigrato nel 2003 in Lombardia. Proprio l’anno del grande caldo, con questa regione in testa per il maggior numero di anziani sopravvissuti. Sempre nel campo finanziario, ha smesso (fortunatamente) di dare consigli il 30 aprile del 2013. Servizio militare assolto con gioia e onore nei Parà, la Toscana gli entra nel cuore in quel periodo, era 1968. Non resiste per tanto tempo a niente e a nessuno, quando ha potuto farlo si muove di conseguenza, riconoscendosi il merito di saper vivere con piacere in contesti molto complessi e diversi e questo sin da bambino. Ogni volta prova la stessa sensazione di avere di fronte una vita nuova di zecca da scoprire e questo gli moltiplica le forze. Viene cooptato nel Rotary International e si merita la Paul Harris Fellow, appena prima che istituissero il numero chiuso per i terroni. Questo continuo frazionamento di vita lo porta alla convinzione che l’ultima persona vicina non potrebbe mai avere sottomano una storia completa (quasi) della sua vita. Così comincia a scrivere. Ne fa le spese, di questo fiume di inchiostro, La Rivista Intelligente e la sua “mamma” Giovanna. Essere sé stessi sempre, qualche volta anche juventino, ha un prezzo da pagare. Solo una donna sempre al suo fianco, dai tempi della migrazione e l’accoglienza, continua a fargli sconti e a dargli credito e lui l’ha legata a doppio filo alla sua vita, ormai finalmente stanziale.

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