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Cinema

Un metodo pericoloso al cinema

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Se vi piace Keira Knightley con o senza crinoline addosso non perdetevi A Dangerous Method. Pare sia tratto da una storia vera, quella di Sabine Spielrein, di Sigmund Freud e del suo allievo più dotato Carl Gustav Jung. Anzi il più dotato era un altro, Otto Gross, ma purtroppo cocainomane e quindi subito fuori gioco. Non si capisce perché Carl Gustav contesti a Sigmund che la base scientifica della psicoanalisi sia il sesso, dato che lo mette continuamente in pratica con le pazienti isteriche, soprattutto se bellissime, come Keira-Sabine. Portata in una clinica, che sembra un hotel cinque stelle lusso, perchè sbava, scalcia e fa le boccacce, viene guarita in quattro e quattrotto da Jung che le fa una domandina degna di un carabiniere: “Quand’è stata la prima volta che ha avuto una crisi isterica?” Lei, prima fa tantissime smorfie, poi prontamente risponde: “Da bambina quando mio padre mi sculacciava nello stanzino buio e, mi vergogno a dirlo, ma mi piaceva molto”. Carl Gustav tenta di trattenere un sorrisetto compiaciuto e dopo poco lo vediamo sculacciare Keira con la cinghia, direi con reciproca soddisfazione, facendoci supporre che si tratti del dangerous method terapeutico del titolo. Come se non bastasse Jung è di rara maleducazione a tavola: ho contato nove fette di polpettone sul suo piatto quando va a cena da Freud ed è evidente dalle facce dei familiari del padre della psicoanalisi che sono molto più preoccupati di rimanere a bocca asciutta che per i discorsi sulla libido. Non contento inzuppa una intera scatola di biscottini nel caffè e a merenda si fa una sacher con panna, tutto senza smettere di parlare, mentre Freud fuma un sigaro dopo l’altro per il nervoso. In effetti interpretare i sogni di Jung è piuttosto irritante: sogna di essere un cavallo a cui è attaccato un grosso tronco che frena la sua corsa, cioè la sua carriera. Azzardo un’ipotesi: che sia il suo gigantesco pisello? Si lamenta infatti di sentirsi ostacolato dalle numerose gravidanze della moglie, come se dovesse alzarsi alle 4 del mattino per preparare i biberon. Ma come? La moglie dispone di numerosa servitù in una casa da urlo sul lago, fornita di barca a vela (scicchissima la vela di cuoio che sembra confezionata da Ritz Saddler); gli sforna bambini paffuti e bellissimi e già dotati di cuffietta con pizzi; non è minimamente alterata dai parti, tanto che ogni volta sembra uscita da una beauty-farm; il tutto mentre lui se la spassa con Keira-Sabine. La moglie non gliela fa passare liscia e in mancanza di Dagospia inonda la Mitteleuropa di lettere anonime. Carl Gustav molla Sabine, più terrorizzato dalla moglie che corroso dai sensi di colpa, infatti ci ricasca con una certa Toni, sempre pescata nell’ambito delle sue pazienti. Sabine, diventata nel frattempo medico, opterà per il metodo Freud. E ti credo! Memorabile una discussione durata 13 ore, che nel film dura 13 minuti, che sembrano 13 ore, in cui Freud corregge aspramente Jung: non si dice psicanalisi, ma psicoanalisi. Cronenberg, che di solito fa film dell’orrore tipo un uomo che diventa una grossa mosca, nonostante nel film non si smetta di parlare un secondo, non ha approfondito questo passaggio e nemmeno molti altri, infatti si esce dal cinema asserendo che si tratta di un film estremamente interessante, pur non avendo capito un tubo.

Linda Brunetta

 

Il signor Cronenberg sta alla psicoanalisi come un peperone allo yogurt. Spaesato. La psicoanalisi la si fa nel cinema, vedi il buon caro vecchio Ingmar, ma non la si riesce mai a narrare. Ci aveva provato Faenza, appoggiandosi al libro di Carotenuto, tenta David appoggiandosi a un testo teatrale: narrare l’amore tra una paziente e il suo psichiatra è cosa difficilissima, figurarsi tra un colosso come Jung e un genio come la Spielrein. Con annesso l’ingombrante Freud. Girato male (memorabile il piedino nervoso di Freud per far capire che è nervoso), recitato peggio (Keira è meglio che torni a tirare pallonate in campo), e soprattutto menzognero, riduttivo, macchiettistico. L’idea che l’ignaro David ci da è:

1)Jung faceva miracoli con le sue pazienti (c’è cascato due volte in letti di malate) a patto che lo stessero a sentire per 25 ore di seguito e affidassero al di lui organo la proprietà salvifica

2)Freud non parlava mai, fumava tutto il giorno e rendeva occhio per occhio e dente per dente

3) La moglie di Jung teneva il marito per le palle regalandogli una barca a vela e sfornando bambini in serie

4) Grosz era un puttaniere e solo negli stati di allucinazione aveva rivelazioni dissolute

5) Sabine Spielrein è un animale che grugnisce e strepita ma guarisce in un baleno perché Jung la frusta e la scopa come faceva il padre con lei. Un bigino, uno stereotipo.

Ma Sabine in questo film è un dettaglio nell’affresco del rapporto omosessuale tra i capostipiti della scienza della mente. Roba da uomini tutti di un pezzo, in cui Jung diventa la femmina emancipata del maschio padrone. Sì, signor Cronenberg, lei ha girato davvero un film dell’orrore. Nostro però.

Valeria Viganò

 

 

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VALERIA VIGANO'

Nata a Milano nel 1955, vive tra Roma e Capalbio. Scrittrice e giornalista, docente di scrittura creativa. ha pubblicato Il tennis nel bosco (Theoria ), Prove di vite separate (Rizzoli ), L’ora preferita della sera (Feltrinelli), Il piroscafo olandese (Feltrinelli), Siamo state a Kirkjubaerklaustur (Neri Pozza) La Scomparsa dell’Alfabeto ( Nottetempo). Ha scritto per il teatro e la radio. E’ consulente editoriale e traduttrice. Chief Editor LRI.

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