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CONFUSIONE VIRALE

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illustrazione di Aglaja

Guardo dalla finestra, nel cortile interno: muri, abisso di buio, il retro degli altri appartamenti, vaghi segni di presenze umane, un ramoscello di rosa striminzito che spunta sul mio balcone. E, sopra, un cielo azzurro, confidente, accogliente, splendido. Il sole.
Esisto in una attesa. Spasmodica. Di vedere un segnale positivo anche minimo. Di avere notizie dalla ricerca scientifica – magari. il vaccino arriverà prima della mia morte. Attesa di nulla, del vuoto, di come andrà a finire. E persino una acuta curiosità razionale.
Non riesco a leggere, quasi neanche a scrivere (anche adesso, concentrarmi, che fatica) – sono tesa come un arco che sta per scoccare una freccia ignota. Non sono del tutto presente, galleggio sospesa – guardo ben oltre ma non riesco a fissare la vista. Fatico a seguire le regole, la mia mente vola via – devo impormele tutte con scrupolo estremo. Non ho quasi più una vita interiore. Percepisco in me solo tensione assoluta, fissa nella coscienza di essere sia spettatrice che vittima, sola ma assieme a qualche miliardo di altri esseri umani, di un evento – epocale? No. Che banalità di aggettivo! – Catastrofico – sì, già, lo sa anche il gatto – storico? Ma, dopo, ci sarà più una storia? Un evento assoluto – lo spettacolo totale. Istante per istante l’incomprensibile, l’impensabile si svolge davanti ai miei occhi assetati di informazione – e mi avvolge, me formica dentro un’onda che travolge ognuno.
Sapere, capire, vedere. Sentire il dolore degli altri sulla pelle, dentro il corpo, fino in fondo alla mente. Noi fratelli, noi sorelle in un soffrire che ci lega tutti. Eppure, insieme, cercare di vedere oltre la cima dello tsunami (altra banalità). Assorbire il massimo di informazioni scientifiche. Avere i dati della progressione.
Paura della morte? Pochissima in più di quanto ne avessi prima. Ci si prepara, ma è inutile pensarci troppo. Sono vecchia, a rischio sì, ho visto mille cose, il dovuto mi è stato dato – ma tengo ancora alla vita, e quindi è alla vita che penso. La morte poi è sempre la stessa, mentre il futuro è misterioso, è spaventoso, eccitante, imprevedibile. Un thriller. Mi elenco probabilità e possibilità. La sparizione dei novax, o la loro riapparizione in massa, e la trasformazione della specie umana in orde di lemming che si suicidano ciecamente? Sembra una domanda oziosa, ma è la prima. Ne usciremo meno stupidi e meno cattivi? Più razionali? Coscienti di essere tutti nella stessa barca? Di far pare della stessa specie? Più autocoscienti? Mah. Credo che comunque nulla resterà immutato. E poi miliardi di altre domande mi affollano, ma prima di tutte, in realtà, il destino dei miei tre figli e dei miei nove nipoti.
Tutto cambierà, ma non sappiamo come
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GIOVANNA NUVOLETTI

Sono nata nel 1942, a Milano. In gioventù ho fatto foto per il Mondo e L’Espresso, che allora erano grandi, in bianco e nero, e attenti alla qualità delle immagini che pubblicavano. Facevo reportage, cercavo immagini serie, impegnate. Mi piaceva, ma i miei tre figli erano piccoli e potevo lavorare poco. Imparavo. Più avanti, quando i ragazzi sono stati più grandi, ho fotografato per vivere. Non ero felice di lavorare in pubblicità e beauty, dove producevo immagini commerciali, senza creatività; ma me la sono cavata. Ogni tanto, per me stessa e pochi clienti speciali, scattavo qualche foto che valeva la pena. Alla fine degli anni ’80 ho cambiato mestiere e sono diventata giornalista. Scrivevo di costume, società e divulgazione scientifica, per diversi periodici. Mi divertivo, mi impegnavo e guadagnavo bene. Ho anche fondato con soci un posto dove si faceva cultura, si beveva bene e si mangiava semplice: il circolo Pietrasanta, a Milano. Poi, credo fosse il 1999, mi è venuta una “piccolissima invalidità” di cui non ho voglia di parlare. Sono rimasta chiusa in casa per quattro/cinque anni, leggendo due libri al giorno. Nel 2005, mi sono ributtata nella vita come potevo: ho trovato un genio adorabile che mi ha insegnato a usare internet. Due giovani amici mi hanno costretta a iscrivermi a FB. Ho pubblicato due romanzi con Fazi, "Dove i gamberi d’acqua dolce non nuotano più" nel 2007 e "L’era del cinghiale rosso" nel 2008, e un ebook con RCS, "Piccolo Manuale di Misoginia" nel 2014. Nel 2011 ho fondato la Rivista che state leggendo, dove dirigo la parte artistico letteraria e dove, finalmente, unisco scrittura e fotografia, nel modo che piace a me.

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