Caricamento

Digita la ricerca

Costumi

Piccola storia di una crescita improvvisa (la mia)

3.765 visite

Immagine di Aglaja

Mi sono truccata in autobus, catturando ben bene l’attenzione dei tre bambini. Poi, quando ho visto che pendevano dalla mie labbra – aspettavano solo la prossima passata di mascara, forse per prendermi in giro perché lo avevo messo male – ho tirato fuori il mio Kafka e mi sono messa a leggere.
Il più piccolo tra loro si è schiarito la voce e in silenzio, con una serie di segni con le mani rafforzati da un ben scandito labiale, ha chiesto alle sorelle: C-O-S-A È P-R-O-C-E-S-S-O? La più grande, con la devozione di una piccola mammina (del tutto ignorando, giustamente, il padre che nel frattempo indicava fuori dal finestrino, urlando “bambini, guardate: il Colosseo, il Colosseo!) ha spiegato ai fratelli il “processo” – quella cosa che ci vai per non andare in prigione – concetto assai difficile da spiegare solo con i gesti.
Alla mia fermata ho chiuso il libro e, prima di alzarmi, ho salutato i tre bambini senza parole, servendomi delle mani e di quell’alfabeto che conosco bene, perché bambina sono stata anch’io e nemmeno troppo tempo fa. Con mia sorpresa i tre, lontani dal regalarmi la complicità da me sperata, hanno messo su il broncio; la più grande si teneva tra le braccia il piccolino, per consolarlo dell’ingiustizia a cui proprio io – a giudicare dai loro sguardi – li ho sottoposti.
Li ho spiati, ho letto i messaggi segreti che si erano scambiati con le dita, ho rubato i loro gesti, li ho privati dello “status” di bambini comunicando, con il mio insolente modo di fare, che bambini siamo stati tutti e che non serve, di certo, farne un vanto. Mi sono alzata, sempre seguita dai lori sguardi atroci, sull’orlo del pianto e dell’accusa, conscia del fatto che proprio quello fosse il mio Processo, a dir poco kafkiano.
E quando, poi, mi si è chiusa in faccia la porta e non sono potuta scendere alla fermata, con i loro sguardi ancora sul collo – stavolta maligni, tra le risa – ho scoperto che il processo era perso, ormai, ed ero nella mia prigione di adulto nel mondo dei bambini. La porta si è riaperta, alla fermata successiva, e non appena ho toccato la terra con i piedi, l’alfabeto muto l’ho di colpo dimenticato.

Disegno di Maria Angelica Correra

Disegno di Maria Angelica Correra

Tags:
ANNA GIURICKOVIC DATO

Anna Giurickovic, nel 2014 si è laureata in Giurisprudenza, nel 2016 ha conseguito un Master e oggi è assegnista di un dottorato di ricerca in diritto pubblico presso l’Università La Sapienza di Roma. Oltre a impegnarsi nel diritto, è anche una scrittrice appassionata.Nel 2012 un suo racconto si è aggiudicato il primo posto al concorso “Io, Massenzio” al Festival Internazionale delle Letterature di Roma. Nel 2013 è stata finalista al “Premio Chiara Giovani”. “La figlia femmina” (Fazi, 2017) è il suo primo romanzo.

  • 1

Lascia un commento

Your email address will not be published. Required fields are marked *