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SE TU DAI UN VIRUS A ME…

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immagine: disegno nel libro XII del Codice Fiorentino (1555-1576), che mostra Nahuas con il vaiolo all’epoca della conquista del Messico centrale .

immagine: disegno nel libro XII del Codice Fiorentino (1555-1576), che mostra Nahuas con il vaiolo all’epoca della conquista del Messico centrale .

Immaginate se, contrariamente a quanto accade ne La Guerra dei Mondi di George Wells, con l’arrivo degli alieni da un altro pianeta incominciaste a morire per una malattia infettiva totalmente sconosciuta al vostro sistema immunitario. Questo è invece proprio ciò che avvenne, a fine ‘400,  dopo lo sbarco di Colombo nelle Indie. È noto che uno degli effetti più devastanti di quella prima globalizzazione fu proprio il diffondersi di tanti patogeni in grado di sviluppare raffreddori, influenze e malattie mortali, del tutto sconosciute in quella parte del globo.
Quando Francisco Pizarro arrivò, nel 1532, sulle coste del Perù trovò una popolazione già indebolita da Vaiolo e Morbillo. Queste infezioni, oltre alla salute, minarono definitivamente le strutture e le economie di quelle società. Atahualpa, l’ultimo imperatore Inca, dovette la sua ascesa proprio a una letale epidemia di Vaiolo, giunta dall’attuale Panama grazie a missionari europei, che uccise prematuramente suo padre Wayna Qhapaq e il fratellastro Ninan Kuyuchi. Con solo 150 uomini armati, 3 cannoni e qualche cavallo, el Conquistador trovò facilmente la porta d’entrata per la conquista dell’impero incaico.
Agli Aztechi non andò meglio. Nei territori che adesso chiamiamo Messico e Guatemala si susseguirono tre grandi onde infettive. La prima di Vaiolo nel 1525, di cui sopra, che uccise circa 7 milioni di persone e due successive, nel 1545 e nel 1575, di Salmonella Enterica che rapidamente si portarono via l’80% della popolazione, si stima più di 35 milioni di persone circa. Non diversamente, del resto, da quanto accadde con i milioni e milioni di morti dei feroci contagi di Peste, il bacillo Yersinia Pestis, nell’Europa della metà del 1300.
Il baratto biologico di Colombo, però, ebbe anche un regalo di ritorno. Insieme a mais, pomodori, cacao e patate, i marinai dell’intraprendente genovese riportarono in Spagna una merce indesiderata: la Sifilide. La cosiddetta Inda Lue, inda perché si continuava credere di essere arrivati nelle Indie. Già nel 1495 i mercenari di Carlo VIII la estesero a Napoli dove ci si affrettò a ribattezzarla Mal Franzoso mentre, in Francia, al ritorno di Carlo divenne subito nota come Mal Napolitain. Si sa, nella storia dell’umanità la colpa è sempre dello straniero.
La cura della Sifilide arrivò solo nel XX secolo grazie alla Penicillina, lasciandoci nel frattempo una serie di illustri contagiati, tra cui: Franz Schubert, Arthur Schopenhauer, Robert Schumann, Oscar Wilde, Guy de Maupassant, Ugo Foscolo, Charles Baudelaire e persino Adolf Hitler.
Ipocondriaci o no, credo sia un sollievo essere nati nell’epoca dei vaccini e degli antibiotici, ma cosa penserebbero gli “antichi” ascoltando le attuali teorie dei nostri modernissimi No-Vax? Non vi bastassero i nemici dei vaccini, vi ricordo che altri si sono anche cimentati, ai giorni nostri, in una medicina alternativa tra i cui numerosi rimedi si trova un preparato dal nome: Luesinum. Cos’è? Lo dice il nome Lue da dove deriva,la Sifilide. Ma la definizione esatta, citando letteralmente da un sito specializzato in quelle pratiche mediche, è: il nosodo ottenuto dalla sierosità del sifiloma.
Traduco e spiego come producono il rimedio: secreto (pus) prelevato da ulcera della pelle di paziente sifilitico (il sifiloma) che viene posto in coltura, controllato, diviso in ceppi, sterilizzato (…e meno male), lisato, filtrato e congelato, quindi diluito in acqua (molta, ma molta moltissima) e dinamizzato (agitato). Costa tra i 5 e i 7 euro. C’è pure qualcuno che lo compra e lo ingerisce.
Bene, se siete arrivati sino qua, per favore, ricominciate a leggere l’articolo da capo, credo vi farà riflettere.
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DIEGO C. de la VEGA

… l’ex-moglie (probabilmente l’ultima) lo definisce “un delinquenteeeee!”. I più non lo reggono oltre gli 11 minuti, ma per i pochi che hanno sopportato con benevolenza i suoi difetti: De la Vega è una persona d’oro! Ha vissuto dividendosi tra Madrid, l’ex Repubblica di Genova per approdare a colonizzare, attualmente, il sub-Piemonte. Autentico fantasista, ha svolto innumerevoli attività. Filoenologo, musicista, cuoco-pop, musicoterapeuta pentito, ex politico in erba, sartina-smart, giusperito incompiuto, lobbysta, elettricista, falegname, idraulico, appassionato d’arte contemporanea, genio dell’informatica fai-da-te. Ama la musica antica e le opere di Philip Glass saltando a piè pari tutto l’800 che trova disgustoso. Un uomo meraviglioso se non fosse per un solo piccolo difetto: riesce a volgere tutte queste sue doti in armi letali con cui produce catastrofi inimmaginabili pur non volendo! I suoi insegnanti delle scuole elementari, capendone il valore, dopo il classico “è intelligente ma non si applica” lo promossero a un definitivo: è una Mancata Promessa! Attualmente, non volendo farsi mancare nulla, si è dato anche alla scrittura essendo stato ospitato su LaRivistaintelligente.it dalla benevolenza di Giovanna Nuvoletti, e pubblicando racconti in due antologie di Edizioni2000diciassette, grazie all’invito di Maria Pia Selvaggio che, chissà come, lo ha scoperto. .DeLaVega si chiama Diego e non è uno scherzo cosi come è vero quanto detto sopra.

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