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YEATS E JOYCE. UNA STORIA DI OSSA [Cose d’Irlanda #12]

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A Dublino la statua di James Joyce volge gli occhi al GPO, l’ufficio postale da dove nel 1916 iniziò, con la cosiddetta Rivoluzione di Pasqua, il percorso che avrebbe portato alla Repubblica. Lo scrittore forse avrebbe preferito una statua che guardasse dalla parte opposta, verso Monto, il quartiere dove sin da giovane, scendendo dal Belvedere College dove studiava andava a spendere i suoi soldi. Certamente quello che era il secondo quartiere a luci rosse d’Europa dopo quello di Londra era a lui più affine. Quando di parla con un irlandese di Joyce bisogna fare attenzione, il suo andar via dall’Irlanda molto giovane, il suo criticare il nazionalismo irlandese, il suo rifiuto ad imparare il gaelico non lo fanno amare. Del resto non fece niente per accattivarsi gli irlandesi definendolo un popolo senza cultura. Tutto l’opposto di William Butler Yeats che invece fece parte di quel mondo culturale irlandese che spinse per una Irlanda nuova, costruita sul mito dei celti, delle leggende. Yeats, molto vicino al nazionalismo scrisse un poema sulle lotte del 1916. Fu cosi’ che nel 1948, quasi dieci anni dalla sua morte, la vedova del poeta chiese al governo di far si che le ossa del marito potessero rientrare dalla Francia dove era stato sepolto affinché potesse essere onorato dal popolo irlandese. Il governo si impegnò e ottenne il rientro delle spoglie. Sull’onda di questo episodio Nora Barnacle fece al governo un’analoga richiesta per il rientro del corpo di James da Zurigo ma non ottenne neanche risposta. Così i cultori di Yeats possono recarsi a Sligo a rendere omaggio alla tomba dello scrittore mentre i joyciani debbono intraprendere un viaggio fino alla Svizzera.

Le cose in realtà non sono così lineari. Nel 1988 la figlia di Yeats dalle colonne dell’Irish Times smentì una voce che circolava e che diceva che le spoglie che erano arrivate dalla Francia non fossero quelle dello scrittore. La voce, tuttavia, non era priva di fondamento. Nel 1946 gli amici di Yeats che erano consapevoli che le ossa dello scrittore erano finite in una fossa comune avevano cercato di dissuadere la vedova a chiedere il rimpatrio.

Ma che successe veramente nel 1948? Recentemente sono emersi dei documenti ufficiali che svelano la verità. Il governo e l’ambasciata francese che si mostrarono molto disponibili  alla richiesta del governo irlandese si portarono a casa un bel problema che però risolsero brillantemente. Infatti il diplomatico che venne mandato al cimitero di Roquebrube a recuperare i resti dello scrittore mandò una lettera ora resa pubblica in cui diceva che era “impossibile restituire i resti completi ed autentici di Mr. Yeats“. Aggiungeva che le sole cose recuperabili erano un busto in ferro, un teschio e forse una Bibbia. Il teschio era stato possibile recuperarlo in quanto riconoscibile tra tanti per le dimensioni superiori alla media in quanto il poeta, dice, “aveva testa grande”. Trovava però una soluzione “diplomatica”, aggiungendo che era possibile chiedere al patologo di “ricostruire uno scheletro che presentasse tutte le caratteristiche del morto“. Così fu e partirono per l’Irlanda le spoglie di un uomo, ironia della sorte inglese, che era morto nello stesso periodo ed aveva caratteristiche fisiche simili, o forse molto più probabilmente uno scheletro ricostruito attingendo ad ossa di diverse persone.

Gli amanti di Joyce possono continuare ad andare in Svizzera, quello sepolto è sicuramente James che di questa storia certamente sorriderebbe,

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FULVIO ROGANTIN

Sono triestino di nascita, dublinese di adozione. L’amore per Joyce nasce quando nel 1993, a Trieste, assisto alla lettura integrale dell’Ulisse, durata circa 30 ore. 4 anni fa mi trasferisco a Dublino per fare l’informatico. Inizio, per passione a fare dei tour Joyce. La mia vita cambia, ora, messa da parte l’informatica se non per alcuni progetti culturali, sono guida nazionale ed è oramai un lavoro a tempo pieno.

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